“perché la verità è che raramente una risposta può migliorare le cose”.
In una fredda giornata d’inverno un gruppo di porcospini si rifugia in una grotta, si stringono l’un l’altro, per proteggersi dal freddo ma, ben presto, sentono il dolore provocato dalle loro spine che li costringe ad allontanarsi. Quando poi il bisogno di riscaldarsi li porta di nuovo ad avvicinarsi si pungono di nuovo. Ripetono più volte questi tentativi, avanti e indietro, vicini e lontani, tra due mali, finché non trovano quella moderata distanza reciproca che rappresenta la migliore posizione, quella giusta distanza che consente loro di scaldarsi e nello stesso tempo di non farsi del male reciprocamente.
Ecco l’empatia, quella giusta distanza che permette di starsi vicino senza farsi male, la vicinanza che permette di sostenersi reciprocamente ma che lascia lo spazio necessario a ciascuno per crescere. Non esiste pianta che cresce se troppo vicino ad un altra: la quercia e il cipresso non crescono l’una all’ombra dell’altro, scriveva un vecchio filosofo, ma perché la pianta cresca sono necessarie le cure, che colmano, in modo impercettibile, le distanze.
La cura, dal latino coera è ciò che scalda il cuore, è quell’azione che passa attraverso le mani, fatta di sguardi attenti e non giudicanti, orecchie tese che ascoltano e non solo odono.