“Se vi sentite felici, ditelo alla gente. Ridete! Piangete! Bisogna toccarci, stringerci, sorriderci, pensare l’uno all’altro, e curarci gli uni degli altri: siamo liberi di fare tutto ciò”. Leo buscaglia
In molti Paesi del mondo la felicità sta diventando una materia di studio.
La felicità è quello stato caratterizzato da emozioni e sensazioni del corpo e della mente che procurano benessere e gioia in un momento più o meno lungo della nostra vita. La felicità, dal punto di vista psicologico, può essere il raggiungimento di un desiderio, la soddisfazione di vederlo realizzato o la soluzione di un problema che provoca gioia. La felicità può essere considerata come il provare ciò che esiste di bello nella vita. La felicità è un’emozione soggettiva, non casuale, è una capacità individuale da scoprire. Non è un inseguimento dei sogni futuri, ma al contrario è il cercare di godere di quello che si possiede nel presente.
Epicuro, in una Lettera sulla felicità a Meneceo, lo ravvisava sul fatto che non c’è età per conoscere la felicità: non si è mai né vecchi né giovani per occuparsi del benessere dell’anima.
Epicuro parlando di felicità ne individua tre categorie, la prima è quella dei piaceri naturali e necessari, tra questi l’amicizia, la libertà, l’amore e le cure.
Studi nel campo delle neuroscienze e della psicologia positiva hanno evidenziato che un approccio positivo alla vita ha un impatto determinante sul benessere, la soddisfazione e la felicità dell’individuo. Inoltre è stato dimostrato che la positività non è una dote innata ma può essere insegnata e che quindi anche la felicità è un’abitudine che si può imparare da piccoli. Educare alla felicità è quindi possibile ed è un percorso di vitale importanza se applicato sin dalla nascita e dalla tenerissima infanzia, ovvero quando il cervello è nella sua massima fase di plasticità.
Educare alla felicità significa insegnare ai nostri bambini a divenire adulti solidi, forti, in grado di affrontare e superare le avversità della vita.
Prima di tutto è necessario che sia l’adulto stesso il primo ad imparare ad essere felici, a prendersi i suoi meriti quando gli spettano e gli insuccessi quando avvengono.
Spesso gli adulti pensano che un bambino è felice solo perché è un bambino. Ma spesso nella sua mente si affollano sensazioni che non sa come definire e che pensa siano sbagliate: la paura di un insuccesso, la paura che i genitori gli neghino l’affetto, la paura di smarrirsi, la rabbia e la frustrazione.
L’esempio è uno dei modi di insegnare più potenti e allora, noi siamo felici? Sorridiamo? Come esternalizziamo la nostra felicità?
Per educare i piccoli alla felicità è quindi necessario:
- Sorridere: il sorriso è il primo mezzo per esprimere la felicità;
- Diamo ai bambini piccoli compiti da compiere ed elogiamoli, nonostante i risultati perfetti;
- Complicità: un bambino che sente di poter confidare i suoi sentimenti, le sue emozioni, successi e insuccessi, sarà un bambino felice;
- La felicità non risiede in un bel voto o in un’ottima prestazione sportiva ma nei rapporti positivi con gli altri;
- Lasciamo i piccoli liberi di sperimentare: non diciamo “fai così…” mentre stanno giocando. Giocando i bambini misurano se stessi. Lasciamoli liberi di farlo senza apostrofarli;
- Raccontiamo le favole e non sostituiamo i libri con tablet, smartphone e tv;
- Coccole, baci e abbracci;
- A tutto c’è un rimedio: insegniamo ai nostri figli che un brutto momento non durerà per sempre, che un brutto voto non è un’etichetta.