“Se l’educazione non tocca la vita diventa sterile”
Sono passati sei mesi dall’ultimo post, il motivo risiede nel titolo. Nulla di ciò che mi saltava in mente di scrivere era davvero sentito e allora, se nelle cose non c’è il cuore meglio lasciarle andare o, come in questo caso, lasciare che il tempo della vita faccia il suo corso.

Anche se calpestato torna sempre in posizione eretta.
Da sempre una mia forte convinzione, la pedagogia, quello di cui parliamo o scriviamo, ponendolo orgogliosamente sotto il cappello “pedagogia”, deve toccare la vita, la deve toccare con il cuore, con le mani, quelle mani che ne stringono altre, quelle che accarezzano e si sporcano, di pittura, di terra, di fatica di gioia. La pedagogia deve toccare i nostri volti che sorridono, che comprendono con uno sguardo. La pedagogia tocca la vita quando non parla tra quattro mura ma vive nel mondo. La pedagogia deve parlare di qualcosa che riguarda tutti noi. La pedagogia deve parlare della vita: non del bambino, non della persona con disabilità, non dell’anziano ma della persona.
Mai come in questo istante queste parole hanno un senso. Una stanza rosa nella quale sono entrata dopo aver oltrepassato una porta bianca, con una elegante scritta blu, come a volerne alleggerire il peso: “oncologia”.
Perché è così: pensiamo sempre che le cose accadano agli altri.
Gli altri siamo noi.
Ecco la vita, ecco di cosa la pedagogia parla, delle lotte, delle persone che vogliono vivere, delle paure. Di vite vere che si intrecciano, si sfiorano. Le vite di chi ora ha un numero su una cartella, le vite di coloro che ora devono pazientare. Si incrociano gli sguardi di chi attende, nei salottini, con tanti giornali consumati ma mai letti. Ci sono le attese di risposte che, a volte, non ci sono. Attese vissute come infinite, tanto da dimenticarsi per istanti confusi cosa si sta aspettando. Ci sono coloro che si prendono cura della vita delle persone che amano, coloro che tremano, a volte piangono e troppe volte dimenticano che ad avere paura ora non possono essere loro. Loro sono quelli ai quali è chiesta resilienza, coraggio, lacrime sincere e condivise, perché questa maledetta paura troppe volte ce la si tiene dentro.
Ecco Soffi di Pedagogia: pezzi di vita. Una vita diversa da tutte le altre ma simile a molte, che troverà per questo punti di connessioni con pochi, pocchissimi o molti di voi che leggeranno.
mi piace molto leggerti, spero che continuerai… le parole vissute e scritte col cuore sono forse le uniche ad avere un senso.
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